I Libri che mi sono rimasti nel ❤

venerdì 19 aprile 2013

Coffee Book #1 Alessandro Fusco


Vi presento una nuova rubrica o per meglio dire una vecchia rubrica messa a nuovo!

Quest'oggi ospitiamo un Autore di grande talento,..



















Effy: Ciao Alessandro, Emozioni D'Inchiostro è felicissima di ospitarti qui e parlare con te. Solitamente la classica domanda di apertura è: Chi è veramente Alessandro? Ma noi vorremmo cambiare questa monotona routine se sei d'accordo con noi ovviamente. 



A.F: Va bene. E io ne approfitto per salutare comunque i vostri visitatori e i miei lettori, vecchi o nuovi. Qualcuno per fortuna mi conosce già!



Effy: Ci piacerebbe sapere: cos'è il mondo di Ferhaven per te e come si è insediato nelle tue idee e nella tua penna?



A.F: Come ho avuto modo di spiegare in passato, all’esordio, il mondo che ho creato (anzi, mi piace dire, che continuo ad esplorare) è stato tempo addietro il frutto di un gioco, fra amici, ma anche il contenitore ideale capace di racchiudere tutte quelle che considero le più importanti fonti d’ispirazione della mia vita. E non parlo solo di quella creativa, “artistica”, ma anche dei valori, dei giudizi e dei dubbi che, da quest’altra parte dello “specchio”, mi sono posto e ho cercato così di condividere.



Effy: Scrivere una storia è la concretizzazione di un sogno ma soprattutto di un mondo che si ha in testa. E' stato complesso realizzarlo, o l'hai fatto d'un fiato senza pensare?



A.F: La “storia”, relativamente parlando alla saga di Térion e dei suoi compagni, che è comunque una vera e propria epopea che troverà svolgimento lungo almeno dieci anni di storia, ha certamente richiesto sia emozioni, visioni e idee di getto (buttate su carta anche di notte, svegliandosi all’improvviso da veri e proprio sogni in dormiveglia), ma la parte più sostanziosa, come per ogni vero autore, consiste in una mole di lavoro estenuante, sia per la vastità dell’ambientazione entro cui si svolgono, e si svolgeranno, gli eventi, sia per il numero sempre crescente di personaggi importanti. Senza contare, come accennavo all’inizio, alla quantità di elementi di cui è composto il mondo di Ferhaven, la sua storia e la sua mitologia. Esiste insomma un teatro, prima ancora che degli attori. Un quadro, senza la giusta cornice, non piacerà allo stesso numero di persone.



Effy: Nel tuo libro passi dal fantasy a sprazzi di fantascienza, come sei riuscito a lavorare su questi macrogeneri molto apprezzati?



A.F: Mah, fantascienza non credo. C’è, è vero (e sono molto orgoglioso che diversi commenti alla Sesta Regola lo abbiano riportato), un mio inguaribili quanto spontaneo vezzo di mischiare i generi. La Sesta Regola, ma anche Il Custode del Tramonto, sono composti di elementi tratti dal fantasy classico, dalle fiabe, ma anche dalle storie del terrore, dalla letteratura storica e dalla mitologia, anche religiosa, e dalla filosofia. A volte mi definisco un autore di genere “mistery”, senza nascondere che mi piacerebbe pensare a qualche avventura estemporanea di Beldimion in veste d’investigatore dell’occulto. Esiste inoltre un qualcosa di “altro”, di esterno alla realtà: un attento, latente, sotto varie concezioni o manifestazioni, occhio rivolto a ciò che sovrasta il mondo. Può trattarsi degli dei, di Hérion, o del “Caso”, come Beldimion chiama la forza in grado di interferire con le vicende umane. Esistono i mondi paralleli degli elfi, di cui parlo più approfonditamente nella raccolta di canti che sto terminando, oppure ancora teorie di natura esoterica di cui soltanto i maghi (e gli stregoni) sono custodi e conoscitori.



Effy: Leggendo il tuo libro ho notato le bellissime immagini presenti a fianco del testo. Un notevole lavoro di illustrazione, è importante in un libro fantasy dare spazi a bei disegni? Chi ti ha aiutato?



A.F: Il lavoro grafico in generale che accompagna tutta la creazione della saga, e di Ferhaven, si deve a persone davvero capaci, uniche per certi aspetti e soprattutto dei collaboratori che sono ora divenuti amici, trasformando la mera esecuzione di un progetto nella volontà collettiva di dar forma a un mondo comune, di idee, simboli e stili. Di questo sono grato a tutti loro, tanto che persino qualcuno fra i più critici dei lettori, ben sapendo che non c’è alcun grosso editore a “reggerci il gioco”, non ha potuto evitare di notare gli sforzi e i risultati in questo senso. Alexander, parlando delle illustrazioni a matita che decorano i libri, ha in particolare realizzato quello spirito e quel genere di disegni tipici di quelli che sono stati i testi con cui io mi avvicinai al fantasy, all’età di 13 anni: i libri illustrati di Tolkien, i libri-game e i manuali dei giochi di ruolo.



Effy: Restando in tema di illustrazioni, credi di aver indirizzato il lettore nel modo giusto per quanto riguarda l'immaginazione delle scene presenti?



A.F: Ha fatto tutto Alexander, benché lo abbia corretto e indirizzato spesso. A volte un’illustrazione non rappresenta per me per prima ciò che ho visualizzato nella mente scrivendo un paragrafo, descrivendo un luogo o un personaggio. Ma sta di fatto che quella è la sua visione, parimenti dignitosa ed evocativa, che tiene comunque conto dei particolari descrittivi con la massima attenzione. Credo sia stato giusto lasciargli una fetta d’immaginazione propria, così come il lettore ha diritto alla sua ogni volta che legge un libro, specialmente se di fantasia.



Effy: Ovviamente il fantasy è la creazione di un mondo completamente nuovo e fantastico in cui però trovo alcune somiglianze nella maggior parte dei mondi, è stato complicato creare un mondo nuovo, con nuove razze e descriverlo nel tuo libro? Cosa ti ha aiutato?



A.F: Non era mia intenzione sin dall’inizio immaginare un mondo di fantasia del tutto diverso dalla maggior parte di quelli utilizzati come sfondo per saghe e narrativa varia. Al contrario: Ferhaven è composto anche dai più classici dei topoi, le razze non umane per esempio, ispirate al mito e alle saghe del nord Europa, una società umana prettamente feudale, popoli stranieri rispetto agli Aluir che ricordano da vicino i vichinghi, i persiani, gli arabi e i barbari della calda e grande Cimmeria. L’intento è quello di tramandare, di riproporre, con nuove storie, nuovi personaggi leggendari e nuove gesta, una tradizione secolare. Oggigiorno ci si accanisce a voler proporre la trama più rivoluzionaria, “avanguardista”, politicamente scorretta e quant’altro anche nel fantasy. Ci si accanisce (e in parte in giusta misura) contro un fantastico stanco e ritrito, anzi umiliato e banalizzato soprattutto dagli autori italiani di fama. Ebbene, Ferhaven e le avventure di Térion vogliono porsi nel mezzo, cercando di farsi araldi di una letteratura solida (che anche contro le critiche dei “riformisti” rimane la più letta) e nello stesso tempo parlando di temi alternativi, o particolari, come per esempio il rapporto fra uomo e religione, fra uomo e mito, e creando storie personali che, si spera, ancora devono essere lette.



Effy: Di che cosa non può fare a meno mentre ci si accinge alla scrittura? Hai qualche curiosità o aneddoto da raccontarci a riguardo?



A.F: Ahia, potrei essere molto cinico e rispondere: di un partner che ti mantenga e di stare alla larga da tutto il resto. Ma preferisco pensare alla giusta musica di sottofondo e qualche buon biscotto, ma soprattutto a internet (senza il quale sarebbe molto complicato fare oggi qualunque tipo di ricerca) e una buona biblioteca con cui confrontarsi.



Effy: La tua storia, in particolare nel primo volume, visto che il secondo è in uscita si parla di giovani eroi. Ce n’è uno nel quale ti rivedi in modo particolare?



A.F: Domanda che mi è già stata rivolta in effetti. Beh, certamente Térion incarna la parte migliore di me alla sua età, la stessa che, in fondo, mi portò lentamente e inesorabilmente a isolarmi dalla realtà per molti anni. Il visconte dimezzato di Calvino avrebbe molto da dire al riguardo. Più in generale, tuttavia, credo di aver messo un po’ del mio pensiero, o dei sentimenti, in ciascuno dei personaggi principali, a volte anche dei “cattivi”, fermo restando che per molti non è, o non sarà, facile distinguere fra bene e male. Asthur credo rappresenti meglio molte delle mie traversie interiori, anche se il personaggio troverà maggior sviluppo solo dal terzo libro della saga.



Effy: Quando hai capito che era ciò che desideravi scrivere e soprattutto scrivere fantasy?



A.F: Non appena terminai il primo capitolo, che un tempo racchiudeva il primo e il secondo attualmente pubblicati. Lì c’era tutto il mio antico bisogno d’avventura, la mia disputa col mondo, il bisogno di affermarsi e, soprattutto, di ottenere il rispetto e guadagnarsi l’amicizia delle persone che davvero ti cambiano. Sulla scelta del fantasy, benché venga più da altre letture, è stato inevitabile per il mio passato nei GdR e l’amore per la Terra di Mezzo.



Effy: Cosa ti piace e cosa non ti piace dell'editoria italiana?



A.F: Ho scritto proprio di recente un articolo sul mio sito, Specchio Nero, in cui tiravo un po’ le somme di questo primo anno vissuto in prima linea nel mondo dell’editoria, facendo la conta delle buone e delle pessime esperienze (anche degli altri). I problemi, e le discussioni, dell’editoria italiana (è inutile per me, a oggi, confrontarsi più di tanto con un mercato straniero prima di vedere un’eventuale traduzione dei miei testi, perché le dinamiche sono diverse) sarebbero moltissimi. Mi limito a dire che il monopolio delle grandi case (e in particolare per il fantasy i nomi sono 4 o 5), ma soprattutto dei loro distributori, benché non sia facile proporre in Italia questo genere, strangola al 99% la forza d’azione e le aspirazioni di qualunque altro autore che riesca a farsi pubblicare un’opera da un piccolo (e onesto) editore. Tralasciando il discorso sulla massa di testi che si stanno affacciando su Amazon, in ebook, un po’ allo sbaraglio e senza editing, ho avuto modo di leggere materiale decisamente valido, ancorché d’esordio, ma condannato all’oblio di fronte al pachiderma delle major messe insieme. Per colpa anche di una visione a mio dire limitata delle piccole, senza investimenti, pubblicità, ma di nuovo e soprattutto senza spazio nelle librerie e la circolazione di un nome, la gente non solo non chiede e non trova un libro pubblicato da questi giovani ambiziosi, ma non lo cerca neppure nelle grandi fiere, dove si limita a fare la fila come burattini di fronte all’ultimo successo pubblicizzato, pensando solo che 50 euro spese per viaggio, pranzo, entrata e, forse, libro, valgano l’autografo del blasonato autore. Peccato che lo stesso titolo lo trovino anche sotto casa o scontato su internet (e allora capisci che nella spesa potevi farci stare anche il libro di Alessandro Fusco, o di Beppe Battelapesca, se solo avessi saputo che era lì esposto, alla stessa fiera).






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