Vi presento una nuova rubrica o per meglio dire una vecchia rubrica messa a nuovo!
Quest'oggi ospitiamo un Autore di grande talento,..
Effy: Ciao Alessandro, Emozioni D'Inchiostro è felicissima di
ospitarti qui e parlare con te. Solitamente la classica domanda di apertura è:
Chi è veramente Alessandro? Ma noi vorremmo cambiare questa monotona routine se
sei d'accordo con noi ovviamente.
A.F: Va bene. E io ne approfitto per salutare comunque i vostri
visitatori e i miei lettori, vecchi o nuovi. Qualcuno per fortuna mi conosce
già!
Effy:
Ci piacerebbe sapere: cos'è il mondo di Ferhaven per te e
come si è insediato nelle tue idee e nella tua penna?
A.F:
Come ho avuto modo di spiegare in passato, all’esordio, il
mondo che ho creato (anzi, mi piace dire, che continuo ad esplorare) è stato
tempo addietro il frutto di un gioco, fra amici, ma anche il contenitore ideale
capace di racchiudere tutte quelle che considero le più importanti fonti
d’ispirazione della mia vita. E non parlo solo di quella creativa, “artistica”,
ma anche dei valori, dei giudizi e dei dubbi che, da quest’altra parte dello
“specchio”, mi sono posto e ho cercato così di condividere.
Effy:
Scrivere una storia è la concretizzazione di un sogno ma
soprattutto di un mondo che si ha in testa. E' stato complesso realizzarlo, o
l'hai fatto d'un fiato senza pensare?
A.F:
La “storia”, relativamente parlando alla saga di Térion e
dei suoi compagni, che è comunque una vera e propria epopea che troverà
svolgimento lungo almeno dieci anni di storia, ha certamente richiesto sia
emozioni, visioni e idee di getto (buttate su carta anche di notte,
svegliandosi all’improvviso da veri e proprio sogni in dormiveglia), ma la parte
più sostanziosa, come per ogni vero autore, consiste in una mole di lavoro
estenuante, sia per la vastità dell’ambientazione entro cui si svolgono, e si
svolgeranno, gli eventi, sia per il numero sempre crescente di personaggi
importanti. Senza contare, come accennavo all’inizio, alla quantità di elementi
di cui è composto il mondo di Ferhaven, la sua storia e la sua mitologia.
Esiste insomma un teatro, prima ancora che degli attori. Un quadro, senza la
giusta cornice, non piacerà allo stesso numero di persone.
Effy:
Nel tuo libro passi dal fantasy a sprazzi di fantascienza,
come sei riuscito a lavorare su questi macrogeneri molto apprezzati?
A.F:
Mah, fantascienza non credo. C’è, è vero (e sono molto
orgoglioso che diversi commenti alla Sesta Regola lo abbiano riportato), un mio
inguaribili quanto spontaneo vezzo di mischiare i generi. La Sesta Regola, ma
anche Il Custode del Tramonto, sono composti di elementi tratti dal fantasy
classico, dalle fiabe, ma anche dalle storie del terrore, dalla letteratura
storica e dalla mitologia, anche religiosa, e dalla filosofia. A volte mi
definisco un autore di genere “mistery”, senza nascondere che mi piacerebbe
pensare a qualche avventura estemporanea di Beldimion in veste d’investigatore
dell’occulto. Esiste inoltre un qualcosa di “altro”, di esterno alla realtà: un
attento, latente, sotto varie concezioni o manifestazioni, occhio rivolto a ciò
che sovrasta il mondo. Può trattarsi degli dei, di Hérion, o del “Caso”, come
Beldimion chiama la forza in grado di interferire con le vicende umane.
Esistono i mondi paralleli degli elfi, di cui parlo più approfonditamente nella
raccolta di canti che sto terminando, oppure ancora teorie di natura esoterica
di cui soltanto i maghi (e gli stregoni) sono custodi e conoscitori.
Effy:
Leggendo il tuo libro ho notato le bellissime immagini
presenti a fianco del testo. Un notevole lavoro di illustrazione, è importante
in un libro fantasy dare spazi a bei disegni? Chi ti ha aiutato?
A.F:
Il lavoro grafico in generale che accompagna tutta la
creazione della saga, e di Ferhaven, si deve a persone davvero capaci, uniche
per certi aspetti e soprattutto dei collaboratori che sono ora divenuti amici,
trasformando la mera esecuzione di un progetto nella volontà collettiva di dar
forma a un mondo comune, di idee, simboli e stili. Di questo sono grato a tutti
loro, tanto che persino qualcuno fra i più critici dei lettori, ben sapendo che
non c’è alcun grosso editore a “reggerci il gioco”, non ha potuto evitare di
notare gli sforzi e i risultati in questo senso. Alexander, parlando delle
illustrazioni a matita che decorano i libri, ha in particolare realizzato
quello spirito e quel genere di disegni tipici di quelli che sono stati i testi
con cui io mi avvicinai al fantasy, all’età di 13 anni: i libri illustrati di
Tolkien, i libri-game e i manuali dei giochi di ruolo.
Effy:
Restando in tema di illustrazioni, credi di aver indirizzato
il lettore nel modo giusto per quanto riguarda l'immaginazione delle scene
presenti?
A.F:
Ha fatto tutto Alexander, benché lo abbia corretto e
indirizzato spesso. A volte un’illustrazione non rappresenta per me per prima
ciò che ho visualizzato nella mente scrivendo un paragrafo, descrivendo un
luogo o un personaggio. Ma sta di fatto che quella è la sua visione, parimenti
dignitosa ed evocativa, che tiene comunque conto dei particolari descrittivi
con la massima attenzione. Credo sia stato giusto lasciargli una fetta
d’immaginazione propria, così come il lettore ha diritto alla sua ogni volta
che legge un libro, specialmente se di fantasia.
Effy:
Ovviamente il fantasy è la creazione di un mondo
completamente nuovo e fantastico in cui però trovo alcune somiglianze nella
maggior parte dei mondi, è stato complicato creare un mondo nuovo, con nuove
razze e descriverlo nel tuo libro? Cosa ti ha aiutato?
A.F:
Non era mia intenzione sin dall’inizio immaginare un mondo
di fantasia del tutto diverso dalla maggior parte di quelli utilizzati come
sfondo per saghe e narrativa varia. Al contrario: Ferhaven è composto anche dai
più classici dei topoi, le razze non
umane per esempio, ispirate al mito e alle saghe del nord Europa, una società
umana prettamente feudale, popoli stranieri rispetto agli Aluir che ricordano
da vicino i vichinghi, i persiani, gli arabi e i barbari della calda e grande
Cimmeria. L’intento è quello di tramandare, di riproporre, con nuove storie,
nuovi personaggi leggendari e nuove gesta, una tradizione secolare. Oggigiorno
ci si accanisce a voler proporre la trama più rivoluzionaria, “avanguardista”,
politicamente scorretta e quant’altro anche nel fantasy. Ci si accanisce (e in
parte in giusta misura) contro un fantastico stanco e ritrito, anzi umiliato e
banalizzato soprattutto dagli autori italiani di fama. Ebbene, Ferhaven e le
avventure di Térion vogliono porsi nel mezzo, cercando di farsi araldi di una
letteratura solida (che anche contro le critiche dei “riformisti” rimane la più
letta) e nello stesso tempo parlando di temi alternativi, o particolari, come
per esempio il rapporto fra uomo e religione, fra uomo e mito, e creando storie
personali che, si spera, ancora devono essere lette.
Effy:
Di che cosa non può
fare a meno mentre ci si accinge alla scrittura? Hai qualche curiosità o
aneddoto da raccontarci a riguardo?
A.F:
Ahia, potrei essere molto cinico e rispondere: di un partner
che ti mantenga e di stare alla larga da tutto il resto. Ma preferisco pensare alla
giusta musica di sottofondo e qualche buon biscotto, ma soprattutto a internet
(senza il quale sarebbe molto complicato fare oggi qualunque tipo di ricerca) e
una buona biblioteca con cui confrontarsi.
Effy:
La tua storia, in
particolare nel primo volume, visto che il secondo è in uscita si parla di
giovani eroi. Ce n’è uno nel quale ti rivedi in modo particolare?
A.F: Domanda che mi è già stata rivolta in effetti. Beh,
certamente Térion incarna la parte migliore di me alla sua età, la stessa che,
in fondo, mi portò lentamente e inesorabilmente a isolarmi dalla realtà per
molti anni. Il visconte dimezzato di Calvino avrebbe molto da dire al riguardo.
Più in generale, tuttavia, credo di aver messo un po’ del mio pensiero, o dei
sentimenti, in ciascuno dei personaggi principali, a volte anche dei “cattivi”,
fermo restando che per molti non è, o non sarà, facile distinguere fra bene e
male. Asthur credo rappresenti meglio molte delle mie traversie interiori,
anche se il personaggio troverà maggior sviluppo solo dal terzo libro della
saga.
Effy:
Quando hai capito che
era ciò che desideravi scrivere e soprattutto scrivere fantasy?
A.F:
Non appena terminai il primo capitolo, che un tempo
racchiudeva il primo e il secondo attualmente pubblicati. Lì c’era tutto il mio
antico bisogno d’avventura, la mia disputa col mondo, il bisogno di affermarsi
e, soprattutto, di ottenere il rispetto e guadagnarsi l’amicizia delle persone
che davvero ti cambiano. Sulla scelta del fantasy, benché venga più da altre
letture, è stato inevitabile per il mio passato nei GdR e l’amore per la Terra
di Mezzo.
Effy:
Cosa ti piace e cosa
non ti piace dell'editoria italiana?
A.F:
Ho scritto proprio di recente un articolo sul mio sito, Specchio
Nero, in cui tiravo un po’ le somme di questo primo anno vissuto in prima linea
nel mondo dell’editoria, facendo la conta delle buone e delle pessime
esperienze (anche degli altri). I problemi, e le discussioni, dell’editoria
italiana (è inutile per me, a oggi, confrontarsi più di tanto con un mercato
straniero prima di vedere un’eventuale traduzione dei miei testi, perché le
dinamiche sono diverse) sarebbero moltissimi. Mi limito a dire che il monopolio
delle grandi case (e in particolare per il fantasy i nomi sono 4 o 5), ma
soprattutto dei loro distributori, benché non sia facile proporre in Italia
questo genere, strangola al 99% la forza d’azione e le aspirazioni di qualunque
altro autore che riesca a farsi pubblicare un’opera da un piccolo (e onesto)
editore. Tralasciando il discorso sulla massa di testi che si stanno
affacciando su Amazon, in ebook, un po’ allo sbaraglio e senza editing, ho
avuto modo di leggere materiale decisamente valido, ancorché d’esordio, ma
condannato all’oblio di fronte al pachiderma delle major messe insieme. Per
colpa anche di una visione a mio dire limitata delle piccole, senza
investimenti, pubblicità, ma di nuovo e soprattutto senza spazio nelle librerie
e la circolazione di un nome, la gente non solo non chiede e non trova un libro
pubblicato da questi giovani ambiziosi, ma non lo cerca neppure nelle grandi
fiere, dove si limita a fare la fila come burattini di fronte all’ultimo
successo pubblicizzato, pensando solo che 50 euro spese per viaggio, pranzo,
entrata e, forse, libro, valgano l’autografo del blasonato autore. Peccato che
lo stesso titolo lo trovino anche sotto casa o scontato su internet (e allora
capisci che nella spesa potevi farci stare anche il libro di Alessandro Fusco,
o di Beppe Battelapesca, se solo avessi saputo che era lì esposto, alla stessa
fiera).
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